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Como Dio induce el peccatore a penitenza

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—Peccator, chi t’ha fidato—che de me non hai temenza?

Non consider, peccatore,—ch’io te posso nabissare?

ed hai fatto tal fallore—ch’io sí l’ho cagion de fare;

t’ho voluto comportare—perché tornasse a penetenza.

—O dolcissimo Signore,—prego che sie paziente;

lo Nemico engannatore—m’ha sottratto malamente;

ritornato so a niente—per la gran mia niquitanza.

—Test’è l’anvito che io agio—che pro ’l Nemico m’hai lassato;

ed hai creso en tuo coragio—-a ciò che t’ha consegliato;

el mio consegli’ hai desprezato—per la tua grande arroganza.

—Lo conseglio me fo dato—ch’io devesse el mondo usare:

Da poi che sera’ envechiato,—tu te porrai confessare;

assai tempo porrai dare—al Signor per perdonanza.

—Testo era palese enganno—che te mettivi ad osolare;

ché non hai termen d’un anno—ned un’ora pòi sperare;

se tu credevi envechiare,—fallace era tua speranza.

—La speranza che avea—de lo tuo gran perdonare

a peccar me conducea—e facealme adoperare

en speranza de tornare—a la fin con gran fidanza.

—La speranza del perdono—sí è data a chi la vole;

ed io a colui la dono—che del suo peccato dole,

non a quel che peccar sole—-ha spem ch’io non facci la vegnanza.

—Po’ ’l peccato avea commesso,—sí dicea del confessare;

el Nemico dicea con esso:—Tu nol porrai mai fare;

co porrai pena portare—de cusí grande offensanza?

—La pena che è portata—en questo mondo del peccato,

lebbe cosa è reputata—a pensar de quello stato

nel qual l’uomo n’è dannato—per la sua gran nequitanza.

—Col sozo laido peccato—me tenea col vergognare

e diceame:—En esso stato—tu nol porrai confessare;

co porrai al prete spalare—cosí grande abominanza?

—Meglio t’è d’aver vergogna—denante al preite mio,

che averla poi con doglia—al iudicar che farò io,

che mostraraio el fatto tio—en cusí grande adunanza.

—Ed io me rendo or pentuto—de la mia offensione

ché non so stato aveduto—de la mia salvazione;

pregote Dio, mio patrone,—che de me aggi piatanza.

—Poi ch’a me te sei renduto,—sí te voglio recepire;

e questo patto sia statuto—che non degge piú fallire;

ch’io non porría suffrire—cusí grande sconoscenza.

Le Laude secondo la stampa fiorentina del 1490

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