Читать книгу Le Laude secondo la stampa fiorentina del 1490 - Jacopone da Todi - Страница 17
Оглавление—O corpo enfracedato,—io so l’anima dolente;
lièvate amantenente—ché sei meco dannato.
L’agnolo sta a trombare—voce de gran paura;
opo n’è appresentare—senza nulla demora,
stavimi a predicare—che non avesse paura,
male te credette alora—quando feci el peccato.
—Or se’ tu l’alma mia—cortese e conoscente!
puoi che t’andasti via,—retornai a niente;
famme tal compagnia—che io non sia dolente,
veggio terribel gente—con volto esvaliato.
—Queste son le demonia—con chi t’è opo abitare;
non t’è opo far istoria;—que te oporá portare
non me trovo en memoria—de poterlo narrare;
se ententa fosse el mare—-non ne siría pontato.
—Non ce posso venire,—ché so en tanta afrantura
che sto su nel morire,—sento la morte dura;
sí facisti al partire:—rompesti omne iuntura,
recata hai tal fortura—che ogne osso m’ha spezato.
—Como da tene a mene—fo apicciato amore,
semo reiunti in pene—con eterno sciamore;
l’ossa contra le vene,—nervi contra iunture;
sciordenati onne umure—de lo primero stato.
—Unquanco Galieno,—Avicenna, Ipocrate
non sapper lo conveno—de mei enfermetate;
tutte enseme iongono—e sòmmese adirate;
sento tal tempestate—che non vorría esser nato.
—Lièvate, maledetto,—ché non poi piú morare;
ne la fronte n’è scritto—tutto el nostro peccare;
quel che nascusi a letto—volevamo operare
oporasse mostrare—vegente onne omo nato.
—Chi è questo gran sire—rege de grande altura?
sotterra vorría gire—tal me mette paura;
ove porría fugire—da la sua faccia dura?
terra, fa copretura!—ch’io nol veggia adirato.
—Questo sí è Iesú Cristo,—lo figliolo di Dio;
vedenno el volto tristo,—spiacegli el fatto mio;
potemmo fare acquisto—d’aver lo regno sio;
malvagio corpo e rio,—or que avem guadagnato!