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XII
Como l’anema deventa morta per el peccato

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Sí como la morte face—a lo corpo umanato,

molto peio sí fa a l’anema—la gran morte del peccato.

Emprima la morte al corpo—sí glie fa mortal ferita

che da omne membro i tolle—e scarporiscene la vita;

glie membra perdon l’uso—poi che la vita è finita;

l’anema poi s’è partita,—lo corpo torna anichilato.

Lo peccato piú che morte—sí fa sua ferita dura;

ché a l’alma tolle Dio—e corrompegl sua natura;

lo ben non pò operare;—ma li mali en gran plenura

cader en tanta affrantura—per cusí vil delettato.

Questa morte tol al corpo—la bellezza e ’l colore,

e la forma è sí desfatta,—ch’a veder dá un orrore;

non se trova sí securo—che nogl generi pavore

de veder quel terrore—de l’aspetto desformato.

Lo peccato sí fa a l’alma—sí terribele ferita,

che glie tolle la bellezza—che da Dio era insignita;

chi vedere la potesse—sí glie tollería la vita;

la faccia terribilita—crudel morte è ’l suo sguardato.

Questa morte sí fa el corpo—putredissimo, fetente;

e la puza stermenata—che conturba molta gente;

non si trova né vicino—né amico né parente

che voglia esser sofferente—de averlo un giorno a lato.

Tutta puza che nel mondo—fusse ensemora adunata,

solfenal de corpo morto—ed omne puza de privata

sí sería moscato ed ambra—po’ ’l fetor deglie peccata;

quella puzza stermenata—che lo ’nferno ha ’nputedato.

Questa morte naturale—a lo corpo par che dia

la ferita che gli tolle—omne bona compagnia;

d’esto mondo l’ha gettato—che privato fuor ne sia,

co se fa la malsanía—che dai sani è separato.

Lo peccato sí fa a l’alma—la ferita cusí forte,

che li tolle Dio e i santi—e gli angeli con lor sorte;

de la chiesa è sbandita—e serrate i son le porte

e gli beni i son estorte—che nulla parte i sia dato.

Questa morte naturale—dá la sua percussione

che la carne sí sia data—a li vermi en comestione;

e li vermi congregati—d’esto corpo fon stacione;

non è fra lor questione—che ’l corpo non sia devorato.

Lo peccato sí fa a l’alma—la terribel sua usanza;

ché è data a le demonia—che stia en lor congreganza;

non la posson consumare,—fongli mala vicinanza;

dangli pene en abondanza—che convene al loro stato.

L’ultima che fa la morte—che dá ’l corpo a sepultura;

né palazo i dá né corte,—ma è messo en estrettura;

la lungheza e la lateza—molto glie se dá a mesura;

scarsamente la statura—so la terra è tumulato.

Lo peccato mena l’alma—al sepolcro de lo ’nferno;

e loco sí è tumulata—che non esce en sempiterno;

frate, lassa lo peccato—che te ce mena traenno;

poi ch’èi scritto nel quaderno,—averai cotal pagato.

Le Laude secondo la stampa fiorentina del 1490

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