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V
De cinque sentimenti

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Cinque sensi mess’on pegno—ciascun d’esser el piú breve;

la lor delettanza leve—ciascun briga breviare.

Emprima parla l’audito:—I’ ho ’l pegno guadagnato;

lo sonar ch’aio audito—dal mi’ organo è fugato;

en un ponto fo ’l toccato—e nulla cosa n’ha tenere;

però ve dovería piacere—la sentenzia a me dare.

Lo viso dice:—Non currite,—ch’i’ ho venta la sentenza;

le forme e color che vide,—chiusi li occhi e fui en perdenza;

or vedete l’armagnenza—co fo breve abreviata!

la sentenza a me sia data—non me par da dubitare.

Lo gusto sí dá ’l libello—demostrando sua ragione:

—La mia brevetá passa,—questo non è questione;

a l’entrar de la magione—doi deta fo ’l passaio

e lo delettar que n’aio—che passò co somniare.

L’odorato sí demostra—lo breve delettamento:

—D’oltramar venner le cose—per aver mio piacemento,

spese grande con tormento—ce vedete che fuor fatte;

qual me ne remaser parte—voi lo potete iudicare!

Lo tatto lussurioso—ce vergogna d’apparire,

le deletto puteglioso—lo vergogna proferire,

or vedete ’l vil piacere—quegno prezo ci ha lassato!

un fetor esterminato—ch’è vergogna mentovare.

Non fia breve lo penare—c’ha sí breve delettanza;

longo siría a proferire—lo penar esmesuranza;

omo, vedi questa usanza—ch’è un ioco di guirmenella;

posta ci hai l’anima bella—per un tratto che vòi fare.

Anema mia, tu se’ eterna,—eterno vòi delettamento;

li sensi e lor delettanza—vedi senza duramento;

a Dio fa’ tuo salimento,—esso sol te può empire;

loco el ben non sa finire,—ché eterno è ’l delettare.

Le Laude secondo la stampa fiorentina del 1490

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