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VII
De pericoli che intervengono a l’uomo
che non guarda bene el viso ed altri sentimenti

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O frate, guarda ’l viso,—se vuoi ben riguarire!

ca mortal ferite a l’alma—spesse fiate fon venire.

Dal diavolo a l’alma—lo viso è ruffiano,

e quanto può se studia—de mettergliela en mano;

se ode fatto vano,—reportalo a la corte;

la carne sta a le porte—per le novelle audire.

Audita la novella,—la carne fa sembiaglia

e contra la rascione—sí dá grande battaglia,

e suo voler non smaglia—con la voglia emportuna;

se trova l’alma sciuna,—fallase consentire.

Conscienzia resiste,—demostra lo peccato:

—Dio ne siría offeso—e tu siríe dannato.—

Lo corpo mal vezato—risponde com’è uso:

—Dio sí è piatuso,—lo me porrá parcire.—

La veretá risponde:—Tu alleghi falsamente,

ché Dio mai non perdona—se non è penitente;

pentir sofficiente—non l’hai in tua redetate;

partirte dai peccate—con verace pentire.—

La carne dice:—Io ardo,—non lo posso portare,

satesfamme esta fiata,—che me possa posare;

vogliote poi iurare—de starte sempre suietta;

sirò sí casta e netta—che te sirá em piacere.—

Responde la ragione:—Seríe detoperata,

e poi da omne gente—seríe sempre adetata;

ecco la mal guidata—confusion de parente,

che fa tutta sua gente—con gran vergogna gire!—

Lo diavolo ce parla—ed ensegna:—Questa posta

tu la puoi far occulta,—d’omne gente nascosta;

passa questa giostra,—nullo pensar facciamo;

se piú lo ’nduciamo,—tosto porri’ empascire.—

Tanti sono li tumulti—e gli émpeti carnale,

che la ragion tapina—s’enchina a quisti male;

doventa bestiale—e perde omne ragione;

tanta confusione—non se porría scoprire.

Da poi ch’è caduta,—conscienzia è mordace;

l’acqua e lo vento posa,—de stimolar non tace!

lo cor perde la pace—e perde l’allegreza

e viengli tal tristeza,—non si può reverire.

Sospicasi la misera—che ’l saccia omnechivegli;

se vede gent’ensemora,—pensa de lei pispigli;

se gli vol dar consigli,—non par che ci aian loco;

perdut’ha riso e ioco—ed onne alegrez’avere.

Borbotanse le cose,—le gente a pispigliare;

li parenti sentolo,—coménzate a lagnare;

lo cor vorría crepare,—tant’ha ’lbergate doglie!

tentat’è de rei voglie—de volerse perire.

Lo diavolo ce rieca—mala tentazione:

—Que fai, detoperata—d’onne tua nazione?

Questa confusione—non è da comportare;

molte fa desperare,—en mala morte finire.—

Guarda, non glie credere!—ché gionge al mal el peio;

ché questa tua caduta—sí pò aver remeio;

contra te fa asseio—de volerte guardare,

con pianto confessare;—sí porrai reguarire.

Vedete li pericoli—con breve comenzate,

che nascon gli omicidii—e guastan le casate;

guardateve a l’entrate—che non entre esto foco!

si se cce anida loco,—nol porrai scarporire.

Or vedete el frutto—del mal delettamento:

l’alma el corpo ha posto—en cotanto tormento;

síate recordamento,—frate, la guarda fare;

se vòi l’alma salvare,—non ce stare a dormire.

Le Laude secondo la stampa fiorentina del 1490

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