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IV. Segue: dal “trattenimento in servizio” alla “risoluzione unilaterale” anticipata

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Alla regola generale del collocamento a riposo per limiti di età sono stati previsti nel tempo due tipi di deroga, che, peraltro, operano tra loro in direzioni opposte: il primo riguarda la possibilità del “trattenimento in servizio” oltre i predetti limiti (ma tale possibilità è stata eliminata nel 2014); il secondo (tuttora in vigore), invece, prevede l’ipotesi della “risoluzione unilaterale del contratto di impiego” prima che quei limiti di età vengano raggiunti.

La possibilità del trattenimento in servizio del pubblico dipendente è stata introdotta dall’art. 16 d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, il quale prevedeva che era “in facoltà dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio […] per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo per essi previsti”.

La “facoltà” riconosciuta al lavoratore non era sottoposta ad alcuna condizione, e quindi essa costituiva un diritto potestativo del lavoratore stesso. Egli aveva il solo onere di comunicare preventivamente la propria volontà e il datore di lavoro pubblico non poteva ad essa opporsi.

Successivamente, però, fu previsto che il prolungamento biennale del servizio non fosse più un diritto dell’impiegato, bensì fosse condizionato alla valutazione dell’Amministrazione di appartenenza9 che poteva decidere discrezionalmente se accogliere o no la richiesta del dipendente10.

La possibilità del trattenimento in servizio fu poi ulteriormente limitata, nel quadro delle più generali politiche di riduzione della spesa pubblica, dal d.l. n. 78 del 2010 che consentiva tale possibilità solo nei limiti delle “facoltà assunzionali” predefinite dalla legislazione vigente in materia (quindi, da questo punto di vista, il trattenimento in servizio era equiparato ad una nuova assunzione)11.

Infine, nel 2014, l’istituto, già reso esangue delle modifiche intervenute, fu, come detto, definitivamente abrogato12.

Come detto, nel frattempo, in una direzione opposta a quella del trattenimento in servizio, il legislatore ha introdotto la possibilità per il datore di lavoro pubblico di risolvere unilateralmente il contratto di lavoro (con un preavviso di 6 mesi) prima del limite di età previsto per il collocamento a riposo, limitatamente all’ipotesi in cui il lavoratore abbia maturato il requisito minimo di anzianità contributiva per il pensionamento.

Tale potere di risoluzione unilaterale non è, però, esercitabile liberamente, perché la decisione deve essere “motivata con riferimento alle esigenze organizzative e ai criteri di scelta applicati e senza pregiudizio per la funzionale erogazione dei servizi”13, in coerenza con i principi generali di correttezza e buona fede, oltreché con quelli di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione14. L’esercizio del potere di risoluzione unilaterale, peraltro, “non necessita di ulteriore motivazione, qualora l’amministrazione interessata abbia preventivamente determinato in via generale appositi criteri applicativi con atto generale di organizzazione interna, sottoposto al visto dei competenti organi di controllo”15.

Qualche dubbio è stato sollevato in merito alla legittimità della disciplina della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro rispetto al divieto di discriminazione per motivi di età sancito dalla direttiva 2000/78/CE, contenente un “quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro”16.

Ma la giurisprudenza italiana ha ritenuto che, ai sensi dell’art. 6, par. 1, di tale direttiva, la norma nazionale sia giustificata da una “finalità” legittima qual è quella del contenimento della spesa pubblica e del ricambio generazionale del personale, e che i mezzi utilizzati per il perseguimento di tale finalità siano “appropriati e necessari”17.

E del resto anche la Corte di Giustizia, nell’esaminare analoghe disposizioni vigenti in altri Stati membri ha solitamente esercitato il suo controllo in modo non “invasivo”, senza sindacare nel merito le finalità perseguite dagli Stati membri e la concreta proporzionalità dei mezzi adoperati per conseguirle18.

Peraltro, l’istituto della risoluzione del rapporto di lavoro al raggiungimento dei requisiti di accesso alla pensione assume rilievo anche nell’ambito delle procedure di mobilità collettiva19. Ed infatti, il datore di lavoro pubblico è tenuto ad applicare prioritariamente tale istituto quando si tratta di gestire situazioni di soprannumero o di eccedenze di personale20.

Estudios sobre la prolongación de la vida activa de los trabajadores

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