Читать книгу Estudios sobre la prolongación de la vida activa de los trabajadores - Fernando Elorza Guerrero - Страница 11

V. Il rapporto di lavoro privato

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Come si è premesso, nel rapporto di lavoro privato non vi è un principio o una norma di legge che preveda la cessazione del rapporto di lavoro al momento del raggiungimento di un determinato limite di età.

È, però, previsto un limite di età superato il quale il datore di lavoro può recedere liberamente, senza necessità di motivazione e giustificazione.

La legge n. 604 del 1966, infatti, nell’introdurre l’obbligo che il licenziamento sia motivato da una giusta causa o da un giustificato motivo (art. 3), ha nel contempo previsto che tale obbligo non trova applicazione “nei riguardi dei prestatori di lavoro che siano in possesso dei requisiti di legge per avere diritto alla pensione di vecchiaia o che abbiano comunque superato il sessantacinquesimo anno di età”21.

Il giudice costituzionale, però, ha dichiarato la illegittimità di tale disposizione nella parte in cui consentiva il licenziamento ad nutum nei confronti di quei prestatori di lavoro che, pur avendo raggiunto il 65° anno di età, non avevano ancora maturato tutti i requisiti per avere diritto alla pensione di vecchiaia (la legislazione dell’epoca prevedeva, infatti, che la pensione di vecchiaia spettasse ai lavoratori che, oltre ad aver compiuto 65 anni, avessero maturato 15 anni di anzianità contributiva)22.

In altre parole, la disapplicazione della disciplina limitativa dei licenziamenti è giustificabile solo per quei lavoratori che possano accedere al trattamento pensionistico, in quanto la sostituzione del reddito da lavoro con la prestazione previdenziale consente comunque loro di poter contare sui “mezzi adeguati alle esigenze di vita” che, ai sensi dell’art. 38, comma 2, Cost. devono essere riconosciuti a tutti i lavoratori “in caso di vecchiaia”23.

Successivamente, per favorire la possibilità dei lavoratori di incrementare il proprio trattamento pensionistico, è stato previsto che coloro i quali non abbiano raggiunto l’anzianità contributiva massima hanno la facoltà di “optare” per la prosecuzione del rapporto di lavoro “fino al perfezionamento di tale requisito o per incrementare la propria anzianità contributiva e comunque non oltre il compimento del sessantacinquesimo anno di età” (art. 6, comma 1, della legge n. 54 del 1982)24.

Quindi, il lavoratore che abbia esercitato tale facoltà di “opzione” non può essere licenziato dal datore di lavoro solo per la ragione dell’età e del possesso dei requisiti per la pensione di vecchiaia25, essendo tale licenziamento nullo per violazione di norma imperativa26. Resta, invece, legittimo il licenziamento che sia motivato da ragioni diverse, quali illeciti disciplinari e per giustificato motivo oggettivo, ovvero per riduzione di personale ai sensi della L. n. 223 del 199127.

Infine, l’art. 4 della legge 11 maggio 1990, n. 108, abrogando l’art. 11, comma 1, legge n. 604/1966, ha stabilito che le tutele contro i licenziamenti illegittimi “non si applicano nei confronti dei prestatori di lavoro ultrasessantenni, in possesso dei requisiti pensionistici, sempre che non abbiano optato per la prosecuzione del rapporto di lavoro”.

Pertanto, alla luce di tale evoluzione, e tenuto conto che la disciplina vigente prevede oggi che l’età minima richiesta per la pensione di vecchiaia è di 67 anni (cfr. il par. IX che segue), il datore di lavoro può recedere liberamente dal rapporto di lavoro quando il lavoratore abbia raggiunto tale età, salvo il caso in cui egli non abbia ancora maturato il requisito minimo di anzianità contributiva.

Anche con riguardo a tale regime, è stato ritenuto che possa configurarsi un contrasto con la direttiva 2000/78/CE, in base alla quale l’età non può costituire l’unico motivo posto a fondamento del licenziamento28. Ma sembra condivisibile la diversa tesi che esclude un tale contrasto per le ragioni già richiamate in relazione all’analoga disciplina della risoluzione unilaterale nel pubblico impiego del rapporto (cfr. par. V che precede), precisando che in questo caso la legittima finalità perseguita dall’art. 4 legge n. 108 del 1990 è l’obiettivo del turn over nel mercato del lavoro e la creazione di un equilibrio generazionale29.

Estudios sobre la prolongación de la vida activa de los trabajadores

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