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VI. Segue: il superamento delle distinzioni legate al sesso

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La disciplina italiana ha previsto, nel tempo, varie disposizioni che prevedevano limiti di età diversi tra uomo e donna per quanto riguarda l’età lavorativa (e, più precisamente, per quanto riguarda il limite di età superato il quale il datore di lavoro poteva recedere liberamente)30.

Tale disparità di trattamento, dopo una prima pronuncia di diverso avviso31, è stata ritenuta illegittima dalla Corte costituzionale perché in contrasto con il principio di uguaglianza sancito in via generale dall’art. 3 Cost. e con il principio di parità tra sessi stabilito dall’art. 37 Cost.32, i quali “non consentono di regolare l’età lavorativa della donna in modo difforme da quello previsto per gli uomini, non soltanto per quanto concerne il limite massimo di età, ma anche con riguardo alle condizioni per raggiungerlo”33.

Pertanto, pur essendo ammissibile l’individuazione di requisiti di età diversi ai fini dell’accesso alla pensione34, la disciplina vigente, anche in osservanza dei principi europei in materia, prevede che “le lavoratrici in possesso dei requisiti per aver diritto alla pensione di vecchiaia hanno diritto di proseguire il rapporto di lavoro fino agli stessi limiti di età previsti per gli uomini da disposizioni legislative, regolamentari e contrattuali”35.

Estudios sobre la prolongación de la vida activa de los trabajadores

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