Читать книгу Estudios sobre la prolongación de la vida activa de los trabajadores - Fernando Elorza Guerrero - Страница 13
VII. L’incidenza della disciplina previdenziale: a) ascesa e crisi del sistema pensionistico
ОглавлениеCome si è già avuto modo di ricordare, l’art. 38, comma 2, Cost. prevede l’intervento della collettività organizzata nello Stato quando il lavoratore si venga a trovare in determinate situazioni di bisogno. Tra queste è espressamente contemplata la “vecchiaia”, poiché si presume che il raggiungimento di una determinata età anagrafica determini l’incapacità o l’eccessiva gravosità della proficua prosecuzione del lavoro.
In attuazione del precetto costituzionale, il legislatore ordinario (che, si ricorda, è intervenuto su un sistema pensionistico le cui origini risalivano all’inizio del secolo scorso) ha progressivamente migliorato le condizioni di accesso alla pensione e il livello delle prestazioni erogate, ma troppo spesso non si è preoccupato di valutare l’esistenza di adeguate coperture finanziarie.
In particolare, negli anni del “boom” economico in Italia, sono stati ridotti i requisiti necessari per l’accesso alla pensione di vecchiaia (oltre che i criteri di calcolo di quest’ultima), e in particolare, per quanto rileva in questa sede, il requisito dell’età anagrafica.
Inoltre, è stato introdotto un ulteriore tipo di trattamento pensionistico, detto di anzianità, il quale era collegato soltanto al requisito della durata del lavoro svolto (e, quindi, al versamento di un certo numero di anni di versamento dei contributi previdenziali), cosicché esso prescindeva del tutto dal requisito dell’età anagrafica (cfr. art. 13 della legge n. 903 del 1965, art. 22 della legge n. 153 del 1969, art. 42 del d.p.r. n. 1092 del 1973)36.
Addirittura, nel settore pubblico è stato consentito, in alcuni casi, il pensionamento con un’anzianità di servizio estremamente ridotta (20 anni, od anche meno), generando così pensionati quarantenni, o anche infraquarantenni (cd. pensionati baby).
Infine, specialmente nel corso degli anni ottanta e novanta del secolo scorso, è stato fatto ampio ricorso ai cd. prepensionamenti, al fine di agevolare l’esodo del personale in esubero da aziende o da settori produttivi in crisi, mediante il riconoscimento del diritto alla pensione con un anticipo di cinque o più anni rispetto alla disciplina ordinaria.
Una tale evoluzione ha contribuito a mettere in crisi la sostenibilità del debito pensionistico nazionale, unitamente ad altri concomitanti fattori demografici (innalzamento dell’età media di vita e riduzione dei tassi di natalità) ed economici (rallentamento della crescita del PIL, fasi cicliche e prolungate di stagnazione o recessione, riduzione complessiva dell’occupazione, in specie di quella stabile).