Читать книгу Cumplimiento cooperativo y reducción de la conflictividad: hacia un nuevo modelo de relación entre la Administración tributaria y los contribuyentes - Pedro José Carrasco Parrilla - Страница 53

II. Inquadramento normativo ed elementi caratterizzanti del nuovo regime

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Nonostante i tentativi del legislatore tributario di riformare il rapporto tra Fisco e imprese di grandi dimensioni nella direzione della cooperative compliance13, si è dovuto attendere il regime opzionale dell’adempimento collaborativo per avviare una vera e propria rivoluzione nella gestione del rapporto che lega i due soggetti. L’introduzione di tale regime è stata anticipata, come è noto, dal c.d. “Progetto pilota”, avviato dall’Agenzia delle entrate per verificare le concrete possibilità di realizzare, in Italia come era già accaduto negli altri Paesi Ocse, nuove forme di dialogo ex ante tra Fisco e grandi imprese. Il progetto si è, tuttavia, arrestato alla fase iniziale perché la legge delega del 201414, nel definire i principi e i criteri direttivi in materia di gestione di rischio fiscale e governance aziendale, ha previsto, all’art. 6, l’introduzione di forme di comunicazione e cooperazione rafforzata tra Fisco e contribuenti volte a rendere il sistema fiscale più equo, trasparente ed orientato alla crescita. Nel dare attuazione alla delega fiscale, il Governo ha introdotto, negli artt. da 3 a 7 del D.lgs. n. 128/2015, il regime opzionale di adempimento collaborativo la cui disciplina attuativa è contenuta nei Provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 14 aprile 2016, prot. n. 54237 e del 26 maggio 2017, n. 101573. Detto regime si basa – come ho avuto modo di affermare – su forme di interlocuzione costante e preventiva tra l’Amministrazione finanziaria e le imprese di grandi dimensioni15 le quali per essere ammesse al regime devono essere dotate di un sistema di controllo interno per la gestione del rischio fiscale, inserito nel contesto del sistema di governo aziendale, che consenta l’autovalutazione preventiva dei rischi fiscali fornendo una visione aggiornata delle fattispecie controverse che, se supportata da comportamenti trasparenti nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, può contribuire a ridurre le incertezze interpretative.

Attraverso il passaggio dal controllo ex post al controllo ex ante sui contribuenti ammessi al regime di adempimento collaborativo il legislatore tributario ha inteso esternalizzare l’attività di verifica su organi a ciò deputati nell’organigramma aziendale; sicché, l’Agenzia delle entrate finirebbe per limitare il proprio ruolo, per così dire, a “controllore” dei “controllori” già incardinati nella struttura della governance aziendale. La strada tracciata dal legislatore mira, dunque, a diffondere, nelle imprese, la consapevolezza che la funzione fiscale rappresenta un elemento strategico nella gestione del business in grado di apportare valore solo se è capace di garantire all’impresa un presidio costante sui processi aziendali e sui conseguenti rischi fiscali al fine di dichiarare l’imposta dovuta per legge.

A conferma di ciò, va precisato che lo scopo del nuovo regime non è tanto quello di concludere “accordi di adempimento collaborativo” tra i due soggetti del rapporto tributario quanto quello di stimolare la tax compliance dei grandi contribuenti. Tanto è vero che la disciplina attuativa del regime di adempimento collaborativo16 riconosce al contribuente la facoltà di non adeguarsi alla soluzione proposta dall’Ufficio cooperative compliance17 e formalizzata nel parere motivato con il quale l’Ufficio esprime la propria posizione sul rischio fiscale comunicato. La citata disciplina individua, come è noto, tre distinte ipotesi: le “posizioni condivise” che sono quelle sulle quali si è formato l’accordo di adempimento collaborativo; le “posizioni sospese” che sono, invece, quelle sulle quali il contribuente non ha raggiunto l’accordo con l’Ufficio e che saranno riesaminate in contraddittorio nel più breve tempo possibile dalla presentazione della dichiarazione dei redditi in un’ottica deflattiva del contenzioso; le “posizioni rinviate” che sono, infine, quelle fattispecie per le quali sia l’Ufficio che il contribuente hanno voluto rinviare i relativi approfondimenti all’esercizio successivo. In tal caso, l’eventuale difformità tra la posizione assunta dall’Ufficio all’esito dei suddetti approfondimenti e il comportamento medio tempore tenuto dal contribuente non darà luogo, secondo quanto stabilito dalla disciplina attuativa, all’applicazione di sanzioni amministrative.

Questa impostazione consente di attribuire centralità, nel regime di adempimento collaborativo, alle interlocuzioni costanti e preventive che, come ho precisato, rappresentano uno degli elementi caratterizzanti del nuovo regime18. Il citato Provvedimento del maggio 2017, nel dare attuazione al regime di adempimento collaborativo, ha infatti posto l’accento sul carattere sempre più partecipativo del rapporto tra Fisco e imprese di grandi dimensioni allo scopo soprattutto di favorire la comunicazione trasparente tra i due soggetti del rapporto tributario. Il rapporto dialogico tra le parti è, infatti, garantito in ogni fase del regime ed offre la possibilità di gestire le situazioni di incertezza attraverso un confronto preventivo su elementi di fatto; un confronto che può ricomprendere anche la possibilità di anticipare il controllo fiscale nonché di ricorrere ad una procedura abbreviata di interpello preventivo al fine di ricevere chiarimenti tempestivi in merito all’applicazione di norme tributarie alle fattispecie controverse. Tutto ciò consentirebbe di superare la frattura tra la determinazione dell’imponibile sulla base delle norme sostanziali e quella che può essere compiuta dall’Agenzia delle entrate in sede di accertamento tributario o, con esiti talora più imprevedibili, dal giudice tributario19; una frattura che ha prodotto effetti negativi, soprattutto in termini di danno reputazionale, per quei contribuenti che hanno dichiarato “tutto” ma hanno dichiarato “male” almeno ad avviso dell’Amministrazione finanziaria20.

Altro elemento caratterizzante del regime di adempimento collaborativo è rappresentato dal sistema di gestione e controllo interno del rischio fiscale (c.d. Tax Control Framework) quale elemento costitutivo, già nelle raccomandazioni dell’Ocse, del nuovo rapporto di collaborazione e cooperazione rafforzata tra Fisco e imprese di grandi dimensioni in quanto strumento essenziale per raggiungere adeguati livelli di certezza interpretativa sulle questioni fiscali rilevanti. Non è un caso, dunque, se il legislatore tributario ha individuato nel Tax Control Framework il presupposto oggettivo del nuovo regime21. Le imprese che vogliono entrare nel regime di adempimento collaborativo devono dotarsi di un sistema di gestione del rischio fiscale, integrato nel sistema di controllo interno, affinchè i processi gestionali che producono effetti sulla fiscalità dell’impresa possano essere adeguatamente strutturati e attentamente monitorati.

Il sistema di gestione del rischio fiscale deve, inoltre, essere “efficace” e cioè idoneo a far emergere le operazioni suscettibili di generare “rischi fiscali significativi” (intendendosi per tali le fattispecie che superano le soglie di materialità quantitativa e qualitativa fissate in accordo con l’Agenzia delle entrate)22 affinchè le imprese siano in grado di assicurare, nei rapporti con il Fisco, un elevato grado di trasparenza a testimonianza della loro capacità di avere una elevata consapevolezza e conoscenza dei rischi fiscali connessi alle operazioni che si intendono realizzare. A tal fine, la disciplina attuativa del regime di adempimento collaborativo23 indica i requisiti essenziali24 di cui il sistema deve essere dotato per superare il vaglio dell’Agenzia delle entrate. Detti requisiti riflettono, in buona sostanza, le linee guida dell’Ocse in materia di Tax control Framework25 e mirano a garantire che il sistema di controllo del rischio fiscale sia in grado di promuovere una cultura aziendale virtuosa, improntata a principi di correttezza e rispetto della normativa tributaria, assicurandone la completezza e l’affidabilità nonché la conoscibilità a tutti i livelli aziendali. Tra i requisiti indicati assume particolare rilevanza la redazione di una chiara e documentata “strategia fiscale”: un documento, scritto e firmato dagli amministratori di vertice della società, che contiene un piano di azione di lungo periodo volto a definire, tanto a livello strategico quanto a livello operativo, gli obiettivi della società in relazione alla variabile fiscale. La strategia fiscale riflette la propensione al rischio fiscale dell’impresa ed è, dunque, una chiara manifestazione della volontà del top management di adottare scelte aziendali suscettibili di comportare contestazioni di natura fiscale.

Con l’introduzione dei reati tributari nei c.d. reati presupposto previsti dalla disciplina sulla responsabilità amministrativa delle società ed enti (ex d.lgs. n. 231/2001)26, i due “modelli” (rispettivamente, il Modello 231 e il Tax Control Framework) finiscono per condividere il medesimo “campo di applicazione” per i reati fiscali, fonte della responsabilità autonoma dell’ente. Per l’impresa in regime di adempimento collaborativo, non sembra, dunque, più ammissibile il c.d. approccio fondato sul “rischio accettato” (c.d. risk appetite) posto che, a normativa vigente, l’eventuale contestazione fiscale produrrebbe effetti pregiudizievoli anche sul piano della validità, idoneità ed efficacia del Modello 231 il cui giudizio resta, come è noto, affidato al giudice penale. E’, dunque, auspicabile che le imprese si adoperino per implementare un sistema di controllo interno – basato sul Modello 231 e integrato dal Tax Control Framework – che sia in grado di gestire in modo efficiente ogni forma di rischio capace di incidere negativamente sui processi aziendali e, dunque, di offrire ai soci e alla governance societaria un presidio valido per monitorare l’attività dell’impresa.

Ma vi è di più. Il provvedimento del 2017 ha fatto rientrare tra i doveri del contribuente la trasmissione, in sede di richiesta di ammissione al regime, della c.d. “mappa dei rischi”27 relativi al primo periodo di imposta di applicazione del regime e individuati dal sistema di controllo interno. In tal modo, l’Amministrazione finanziaria ha la possibilità di avere una visione completa della gestione aziendale e dei rischi fiscali e, dunque, di fare valutazioni ispirate a criteri di trasparenza e di oggettività nonché di ragionevolezza e proporzionalità sia in sede di ammissione al regime sia durante la permanenza nello stesso. Dette valutazioni possono comportare anche la proposta di interventi sul sistema di controllo interno dell’impresa soprattutto se ritenuti necessari per pervenire con il contribuente ad una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali nell’ambito delle interlocuzioni costanti e preventive, le quali possono essere avviate, come è noto, su iniziativa del contribuente o dell’Ufficio Cooperative compliance. Nel primo caso, il contribuente ha l’obbligo di comunicare in modo tempestivo ed esauriente le fattispecie suscettibili di generare i c.d. “rischi fiscali significativi” e le operazioni di pianificazione fiscale aggressiva. Tuttavia, durante le interlocuzioni preventive, il contribuente può comunicare all’Ufficio situazioni ulteriori che ritenga incerte e, comunque, fonte di rischio fiscale nonché ulteriori rischi inerenti attività e operazioni aziendali posti in essere o verificatisi in periodi di imposta precedenti a quello di ingresso al regime i cui effetti fiscali si producono anche nei periodi di imposta oggetto di applicazione al regime28. Lo scopo è quello di beneficiare dell’effetto premiale di riduzione delle sanzioni tributarie, previsto dal legislatore tributario al fine di incentivare l’ingresso delle imprese nel regime di adempimento collaborativo. Nel secondo caso, l’Ufficio Cooperative compliance, a prescindere dalle soglie di materialità concordate per la comunicazione dei “rischi fiscali significativi”, può effettuare, nel corso delle interlocuzioni costanti e preventive, approfondimenti istruttori in relazione ad “ogni fattispecie suscettibile di generare rischi fiscali” fino alla possibilità di esercitare gli ordinari poteri di controllo fiscale in via anticipata rispetto all’adempimento degli obblighi fiscali da parte delle imprese. In tal modo, l’Ufficio riuscirebbe ad avere una visione completa e trasparente della gestione aziendale e dei rischi fiscali ad essa sottesi. Tutto ciò consentirebbe di valorizzare la ratio sottesa al nuovo regime di adempimento collaborativo quale strumento di valutazione congiunta e di controllo preventivo volto a stimolare la compliance delle grandi imprese29.

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